L’automa e la ballerina, Masino

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Allestimento mostra al Castello di Masino I
2005 I
Committente: FAI – Fondo Ambiente Italiano I
Progetto ed allestimento della mostra I
Exhibit at Masino Castel I
2005 I
Client: FAI – Fondo Ambiente Italiano I
Set up and project of
exhibition
I

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Bambola dopo bambola, meccano dopo cavallo a dondolo, sembra sciorinarsi davanti agli occhi non solo la storia dei giocattoli, ma la storia dell’infanzia: dell’infanzia di chi ci ha preceduto e vengono in mente le struggenti immagini di “Fanny e Alexander”, per cui Bergman attinse proprio a questa collezione- ma anche della nostra infanzia, luogo personalissimo e indimenticabile della formazione all’immaginazione e alla costruttività. Ecco, allora, che una mostra di giocattoli non può essere neutra, puramente descrittiva, asettica, diacronica. Ma quale mostra può esserlo? Si tratta piuttosto di una mostra che valorizza il giocattolo nella sua specificità materiale e culturale: come instancabile suggeritore di e oggetto dotato di una sua e di una sua storia, non come relitto ormai in disuso di un’epoca passata. La malinconia che può sprigionare dalle mostre di giochi d’epoca nasce proprio dal rischio di esporre gli oggetti come se fossero reliquie del passato, destinate a restare confinate in quel passato per sempre. L’ambientazione nel Castello di Masino , al contrario, suggerisce un ideale connubio fra i giocattoli e l’ambiente architettonico, favorendo infinite occasioni di dialogo attivo fra gli uni e l’altro. L’allestimento della mostra accoglie dunque le possibilità di interazione fra gli oggetti e gli spazi, lavorando sulle possibili narrazioni tante quanti i visitatori della mostra- che si sprigionano dal contatto quasi “fotografico” fra la storia del castello e la storia dei giochi stessi. Nella tensione magnetica fra gli oggetti -nonostante tutto così segnati dalle mani di chi li ha manipolati, dotati di una propria personalità- e il castello con i suoi arredi, i quadri alle pareti, le tracce di chi vi ha abitato si inscrive lo spazio culturale dell’allestimento, della messa in scena. Partendo dal presupposto che i giochi qui esposti giocano ancora, svolgono cioè ancora la loro funzione di divertire, stupire, sollecitare, l’allestimento cerca di eludere la scelta più scontata dell’ambientazione “letterale” degli oggetti nello spazio, lavorando piuttosto sull’aspetto della sorpresa, del divertimento, dell’inaspettato. E’ come se i giochi, lasciati nello spazio dall’ultimo abitante del castello, avessero cominciato ad organizzarsi autonomamente, cercando le collocazioni loro più confacenti, andando a disporsi in vani non praticabili, osservando le loro stesse ombre allungarsi sulle pareti quando viene sera, proteggendosi dalla polvere sotto zanzariere e velari, intessendo fitti dialoghi intorno a un tavolino. L’inserimento degli oggetti negli arredi d’epoca, quando possibile e conforme alle esigenze di conservazione, rientra in questa lettura che privilegia la continuità fra l’ambiente e gli oggetti, sempre negando però la logica dell’”ambientazione” in favore di letture più ironiche e spiazzanti. Alcune registrazioni diffuse – filastrocche, carillons, frasi dei bambini che parlano fra sé e sé giocando – aiutano a creare ulteriori suggestioni, favorendo un’immersione di tutti i sensi nell’esperienza della riscoperta dei giochi d’epoca. L’aspetto di straordinaria ricchezza quantitativa che caratterizza la collezione viene valorizzato attraverso la creazione di “serie”, o di “variazioni sul tema” che, come in una musica, sciorinano davanti agli occhi del visitatore le possibili declinazioni di un tema ludico la casa di bambola, il salvadanaio, il soldatino…- componendo una sinfonia. Questa scelta valorizza anche il savoir faire artigianale che si nasconde dietro a molti dei giocattoli, spesso vere e proprie opere d’arte: in un’epoca di allontanamento progressivo dalla materialità e dal senso del dettaglio, vale la pena di suggerire gli aspetti di manualità e di unicità propri di molti giocattoli. In altri casi, si è cercato di mettere in evidenza l’eccezionalità di un pezzo attraverso il suo isolamento nello spazio (è il caso, per esempio, della piccola Citroën fatta costruire dall’industriale francese per suo figlio, straordinario esempio di gioco da jet-set, qui collocato nel chiuso di un salone, quasi planato in derapata da una qualche corsa giù dalle scale).

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