Crisi, Trevi

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Allestimento mostra a Palazzo Lucarini, Trevi I
2010 I
Committente: Palazzo Lucarini Contemporary I
Progetto ed allestimento della mostra I
Exhibitions at Palazzo Lucarini, Trevi I
2010 I
Client: Palazzo Lucarini Contemporary I
Set up and project of
exhibition
I

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Crisi ed emergenza, termini sulla bocca di tutti, spesso considerati assoluti. Al contrario, si tratta di concetti quanto mai relativi. Ogni realtà specifica attraversa i propri momenti di crisi, così quello che in determinati contesti viene vissuto come stato limite in altri potrebbe costituire il sogno di un mondo remoto e irraggiungibile. Interrogarsi su come l’architettura possa rappresentare uno strumento di superamento dell’emergenza significa entrare in argomentazioni nelle quali non esiste mai una parola definitiva ma una ricerca continua. Questa mostra ha provato ad indagare diverse criticità che determinano uno stato di emergenza.
crisi/umanitaria
Quando l’architettura si confronta con il concetto – del tutto relativo – di basic need pervenendo ad una gamma di soluzioni profondamente differenti, ognuna delle quali riflette un particolare modo di rispondere all’emergenza e quindi uno specifico modello culturale di riferimento, che condiziona più di ogni altra cosa l’effettivo successo di qualsiasi intervento.
crisi/sociale
Pensando alle innumerevoli strategie tecnologiche, formali e culturali che negli ultimi cinquant’anni hanno interpretato il concetto di “shelter” – l’unità abitativa minima – si entra nel vivo di un dibattito sempre acceso e spesso contraddittorio, che vede talvolta uniti e più frequentemente contrapposti associazioni umanitarie, progettisti, governi, imprese, ecc. Un dibattito che negli anni ha portato alla formazione di numerose ed eterogenee organizzazioni impegnate in modo più o meno diretto in situazioni di emergenza, molte volte orientate verso un approccio più flessibile nella progettazione e nella gestione delle emergenze abitative.
crisi/calamità naturali
La recente spettacolarizzazione mediatica delle catastrofi naturali che ciclicamente affliggono il pianeta (una per tutte lo Tsunami del 2004), direttamente proporzionale alla diffusione di internet e derivati, ha inoltre fatto lievitare il numero di mostre, concorsi ed iniziative sul tema dell’abitazione d’emergenza (un caso per tutti è quello di Brad Pitt che assolda famosi progettisti per dare alloggio agli sfollati di New Orleans). Se tale visibilità ha sicuramente avuto effetti positivi, ha però acuito fenomeni di strumentalizzazione – politica, economica, ecc. – riscontrabili anche in occasione delle recenti tragedie nostrane, che costringe ad una seria riflessione sulle modalità di risposta e sulla gestione delle competenze in tali frangenti.
crisi/risorse
Ad ogni modo non abbondano solamente le domande, ma anche i tentativi di risposta, sempre più consci di dover evitare una pericolosa autoreferenzialità per inserirsi invece in una rete di azioni sostenibile e lungimirante: progetti autoprodotti o realizzati con materiali naturali e di recupero in diverse aree del mondo rivolti a fronteggiare la crisi di risorse, progetti che abbassano la pressione sull’ambiente reinserendo sul mercato scarti, abitazioni che riabilitano il “rifiuto” restituendogli la dignità di materia da costruzione e conferendogli un’accezione positiva.
crisi/ambiente
Di particolare interesse sono poi tutti quei fenomeni di resistenza che esternano in diversa maniera una vocazione ecologista conscia dell’inevitabile crisi ambientale e la protesta generata da un’insofferenza verso gli spazi angusti della società contemporanea (la stessa insofferenza che fa prolificare gli spazi virtuali a scapito di quelli reali). Si assiste così a fenomeni quali guerrilla gardening, un movimento spontaneo di privati che, abusivamente e nottetempo, piantumano le aiuole dimenticate dall’amministrazione pubblica; clan du neon, gruppi di ragazzi francesi mascherati che la notte spengono le insegne dei negozi lasciate inutilmente accese; freegans, gente che va a caccia dei cibi freschi gettati nella spazzatura, da ristoranti e privati; ricerche professionali e direzioni di lavoro che vanno nella direzione tracciata ad esempio da Gilles Clement, il “giardiniere planetario” che attraverso l’esaltazione della biodiversità mira alla salvaguardia ecologica e alla riduzione dei consumi con una profonda attenzione a tutti i componenti dell’ambiente naturale.
crisi/cultura
Evidenti sono i legami tra crisi economica e culturale: nonostante la crescente (e confortante) domanda di cultura da parte dei cittadini, che in tempi di crisi non dispongono di risorse economiche da destinare al tempo libero, la risposta delle istituzioni appare mortificante. Viene infatti ignorata la centralità della cultura all’interno della società, fingendo di non vedere il potere propulsivo che i luoghi ad essa destinati possono avere sulle dinamiche sociali ed economiche di qualsiasi contesto territoriale, e prima di tutto sul singolo individuo.
crisi/archistar
Ma lo scoppio della “grande bolla” ha creato forti sconvolgimenti anche all’interno del panorama architettonico internazionale, facendo parlare sempre più spesso – a torto o a ragione – di “crisi delle archistar”. Mentre Norman Foster, come molti colleghi, è stato costretto a chiudere parte delle sue filiali europee e a ridimensionare le proprie manie di grandezza (innanzitutto in Russia), c’è chi come Rem Koolhaas – forse dopo aver visto una delle sue Bigness cinesi in fiamme lo scorso febbraio – gioca la poco convincente carta della “generic architecture”, tentando di fare di necessità virtù attraverso un colto pauperismo che in fin dei conti altro non fa che riprendere uno dei diktat del Moderno.

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